Ieri la Squadra Mobile di Messina ha eseguito un decreto di fermo a carico del 28enne cittadino eritreo Gemin Mohamed Tahr, presunto carceriere in Libia quindi indiziato di delitto su disposizione del Procuratore aggiunto Scaminaci e del sostituto Procuratore Carchietti.

L’uomo è giunto nell’area portuale di Messina lo scorso 2 agosto a bordo della nave della Marina Militare Italiana Vega, insieme a 720 migranti soccorsi in mare. A bordo della nave c’era anche il cadavere di un uomo morto per asfissia durante il viaggio dalle coste libiche.

Gravi gli indizi di colpevolezza per il ventottenne che hanno portato al fermo: le indagini effettuate dalla Squadra Mobile e i racconti resi dagli altri migranti soccorsi lo indicano come carceriere nella struttura presso cui le persone in attesa d’imbarcarsi venivano rinchiuse e torturate.

I racconti resi rendono dettagli raccapriccianti circa le umiliazioni e le sevizie, percosse ed uso di scariche elettriche, messe in atto dall’uomo oggi sottoposto a fermo. Il periodo di permanenza in tale struttura detentiva sarebbe dipeso dal tempo durante il quale la somma pattuita per il viaggio verso l’Europa, circa 2.200 dollari, veniva resa ai carcerieri dai parenti dei migranti in attesa.

Gli stessi migranti sono stati poi fatti imbarcare, ammassati su natanti di fortuna. Tra coloro i quali sono stati costretti a scendere in stiva c’era anche l’uomo giunto cadavere a Messina. Gli accertamenti successivi allo sbarco ne hanno confermato il decesso per asfissia e la minore età.

In un primo momento il fermo di P.G. emesso nell’immediatezza nei confronti dell’indagato non era stato convalidato dal G.I.P. per mancanza della condizione di procedibilità della richiesta del Ministro della Giustizia per i delitti commessi in territorio libico, ritualmente sollecitata dal P.M.

Ieri, tuttavia, la suddetta richiesta veniva formalizzata da parte del Ministero, determinando la nuova emissione del fermo, atteso il chiaro interesse del Governo Italiano a che si proceda contro l’indagato anche per i gravissimi reati commessi in Libia, che hanno dispiegato i loro effetti in Italia, essendo collegati al delitto di traffico di esseri umani. Associazione a delinquere finalizzata al traffico di esseri umani, sequestro di persona aggravato e estorsione sono i reati contestati.