Comunicato stampa, dell’Associazione Dalle Ande Agli Appennini

IL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO, EMESSO CONTRO LA SIGNORA CECILIA A. R. MADRE DI UN FIGLIO DI 13 MESI CHE STAVA ALLATTANDO, È ILLEGITTIMO PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE: "BAMBINI RUBATI ALLE MADRI CHE SI BELLANO... COSA STA ACCADENDO A MILANO?"

1802

Comunicato stampa dell’Associazione Dalle Ande Agli Appennini di Milano: “giovedì 19 dicembre, la Signora Cecilia A. R. uscendo dall’ascensore della sua casa ha trovato ad attenderla un nutrito plotone di vigili urbani, infermieri, assistenti sociali e psichiatri che l’hanno prelevata e trasportata nel reparto di Psichiatria 1 di Niguarda in regime di Trattamento Sanitario Obbligatorio”.

La proposta di TSO è stata stilata alle ore 9:40 dal medico proponente D.ssa Laura Teresa Codazzi dell’ASST Niguarda con la seguente motivazione:

  • Scompenso psicotico – idee deliranti a sfondo mistico persecutorio;
  • RIFIUTO DELLE CURE PERALTRO DISPOSTE DALTRIB. MINORILE.

La convalida del TSO è stata poi stilata alle ore 9:50 dal medico convalidante D.ssa Marina Malagoli dell’ASST Niguarda con la seguente motivazione:

  • Scompenso psicotico con contenuti deliranti a contenuto mistico e persecutorio;
  • Totale assenza di critica di malattia, rifiuto a presentarsi in CPS per le cure e colloqui, come da decreto del TM.

“Il TSO in condizioni di degenza ospedaliera di Cecilia A. R. è stato poi disposto con provvedimento dal Sindaco di Milano, che poi ha provveduto a notificarlo al giudice Tutelare. Il giudice Tutelare, a sua volta, ha definitivamente convalidato il TSO in condizioni di degenza ospedaliera di Cecilia A. R.! Da questi atti appena citati è possibile affermare che questo provvedimento di TSO è viziato da una TOTALE MANCANZA DI MOTIVAZIONE, in pieno dispregio degli articoli 33, 34, 35 della legge 833/78, che prescrivono chiaramente quali siano le condizioni necessarie per poter attivare un TSO ‘per malattia mentale in condizioni di degenza ospedaliera’”.

In merito alle prescrizioni e alle condizioni di legge necessarie per potere disporre un provvedimento di TSO, qui di seguito sono allegati 3 documenti:
1. un estratto dei tre articoli della legge 833/78;
2. un estratto della sentenza della Corte di Cassazione, sezione prima civile, del 27 marzo 1998, in merito al significato giuridico della ‘motivazione’ del TSO;
3. un estratto del documento approvato nella Conferenza Regioni e Province Autonome del 29 aprile 2009 -Salute mentale… raccomandazioni su trattamenti sanitari obbligatori-.

“Prima di entrare nel merito dei contenuti grotteschi del provvedimento di TSO contro la Signora Cecilia A. R., qui di seguito si premettono alcune riflessioni sui contenuti giuridici e garantistici delle procedure del TSO. Le aspirazioni garantiste della 180″.

Nel leggere la legge 180/78, poi confluita nei tre articoli della legge 833/78, un elemento macroscopico balza subito agli occhi: la complessa procedura prescritta per potere effettuare un TSO… ben 3 condizioni tutte e tre concomitanti, ben 4 atti consecutivi previsti per la sua attivazione e ben tre soglie consecutive di garanzia e tutela della persona oggetto del provvedimento.

I 4 atti sono i seguenti:

  • la proposta motivata di un medico;
  • la convalida o la non convalida motivata di un secondo medico della unità sanitaria locale;
  • il provvedimento motivato del Sindaco che dispone o non dispone il TSO;
  • il decreto motivato del giudice tutelare con il quale provvede a convalidare o a non convalidare il provvedimento di TSO.

“I legislatori della legge 180 lungi dall’essere degli estimatori delle lungaggini burocratiche, avevano davanti a sé il compito di superare gli orrori giuridici e umani del manicomiale ‘ricovero coatto’, avevano davanti a sé l’incommensurabile storia di disprezzo dei diritti umani delle persone dichiarate malate ‘nella mente’, avevano davanti a sé il difficile obiettivo di voler conciliare da una parte la negazione del diritto umano alla libertà dei movimenti e del diritto umano essenziale al consenso informato ai trattamenti sanitari, e dall’altra la salvaguardia del diritto costituzionale alla difesa giuridica e del diritto umano alla difesa della dignità umana del cittadino oggetto di TSO. Secondo i legislatori della 180 solo un’attenta e motivata serie di garanzie giuridiche e procedurali poteva evitare il ripetersi dello scempio giuridico e umano del ‘ricovero coatto’ dell’epoca del manicomio. La ‘motivazione’ della proposta di TSO e della convalida secondo la Corte di Cassazione e la Conferenza Regioni e Province Autonome. In merito ai contenuti della motivazione del provvedimento di TSO, particolarmente interessante è stata la sentenza della Corte Suprema di Cassazione, il cui estratto è allegato al n. 2. Questa sentenza, infatti, dichiara che il trattamento sanitario obbligatorio costituisce provvedimento restrittivo della libertà personale e pertanto necessita di chiara e congrua motivazione, la proposta e la convalida devono essere basate su una anamnesi concreta, devono indicare le possibili alternative al trattamento obbligatorio, la motivazione deve essere specifica nel senso che debba essere correlata a tutte e tre le peculiari condizioni previste dalla norma e che tale correlazione debba essere concreta, specificando in maniera esplicita che tali condizioni richieste sussistano positivamente”.

“La convalida della proposta non basata su alcuna anamnesi concreta costituisce esplicitazione di riferimento a uno stereotipo e non al soggetto concreto da valutare. Non ci meraviglia affatto, naturalmente, l’importanza che la Corte di Cassazione affida alla motivazione del provvedimento di TSO, paragonata a quella della sentenza del giudice che condanna alla detenzione in carcere: a differenza di quest’ultima, infatti, il provvedimento del TSO non si limita a negare il diritto alla libertà dei movimenti, ma nega, anche, quello essenziale (come definito dal Codice di Norimberga) al consenso informato ai trattamenti sanitari”.

Nel documento approvato nella Conferenza Regioni e Province Autonome del 29 aprile 2009 Salute mentale: “raccomandazioni su trattamenti sanitari obbligatori, il cui estratto è allegato al n. 3, si dichiara che la proposta e la convalida mediche debbano essere motivate, ovvero che in esse siano riassunte le informazioni che rendono comprensibile la situazione, raccolte e descritte le emergenze riscontrate di persona che hanno portato i medici alla convinzione che sia necessario un TSO. La motivazione quindi non può limitarsi alla diagnosi e alla valutazione della gravità del caso, ma deve riportare gli elementi raccolti a prova della sussistenza delle condizioni dalla legge per il TSO. Per il TSO in degenza ospedaliera è previsto il massimo di garanzia… alla proposta iniziale, motivata, del medico, si deve aggiungere la convalida fatta da un medico appartenente alla unità sanitaria locale, che effettua una seconda valutazione”.

“I contenuti grotteschi del provvedimento di TSO contro Cecilia A. R. che lo rendono del tutto illegittimo. A rileggere la storia del TSO in questi 41 anni di esistenza è possibile affermare, senza il minimo dubbio, che i legislatori della legge 180 abbiano completamente fallito i loro intento: la procedura del TSO è diventata, di consuetudine, solo una grottesca caricatura delle prescrizioni di legge. E di tale consuetudine, il provvedimento di TSO contro la Signora Cecilia A. R. è una perfetta riprova”.

1° contenuto grottesco: “le striminzitissime motivazioni sulla necessità del TSO, quella esibita dal medico proponente D.sa Codazzi e quella ribadita in simil fotocopia dopo appena 10 minuti da medico convalidante D.ssa Malagoli, sono talmente farsesche rispetto alla profonda importanza della motivazione della proposta e della convalida richieste dalla legge, da apparire un paradossale, quanto inconsapevole, temiamo, sfregio alla medesima legge. Risulta evidente, infatti, che tale presunta motivazione, limitata alla mera enunciazione di un -Scompenso psicotico – idee deliranti a sfondo mistico persecutorio-, non essendo basata su alcuna anamnesi, essendo del tutto priva di dati espliciti e di elementi concreti raccolti a prova della sussistenza delle condizioni della legge per il TSO, non è né chiara, nè congrua per giustificare un provvedimento restrittivo della libertà personale, né, tanto meno, per giustificare la negazione del diritto essenziale di rifiutare trattamenti sanitari non voluti”.

La breve frase, poi, che costituisce la seconda metà della motivazione della proposta, -rifiuto delle cure peraltro disposte dal trib. Minorile- raggiunge una straordinaria vetta surreale: “veniamo ad apprendere, infatti, dalla D.sa Codazzi che il vero medico proponente del TSO contro la Signora Cecilia A. R. di fatto non sarebbe lei, ma, bensì, sarebbe addirittura il Tribunale per i Minorenni di Milano! Come a dire, per ipotesi assurda, che tutte le verifiche sull’esatta osservazione delle prescrizioni di legge riguardanti tale proposta di TSO forse si dovrebbero chiedere direttamente al Tribunale per i Minorenni e non al medico proponente dell’ASST Niguarda, che sembrerebbe di essersi solo limitato a controfirmarla”!

2° contenuto grottesco: “come è potuto succedere che il Sindaco di Milano abbia potuto disporre un provvedimento motivato di TSO contro la Signora Cecilia A. R. in base a tali motivazioni presenti nella proposta del medico proponente e nella convalida del medico convalidante? Ma forse questa domanda dovremmo porla, più che al Sindaco, ai responsabili dell’Ufficio TSO del Comune di Milano. Ci permettiamo, tuttavia, di dare un consiglio al Sindaco… quello di indagare a fondo quali siano le procedure di verifica delle proposte di TSO espletate dai suoi uffici, che dovrebbero essere in sintonia con le prescrizioni di legge”.

3° contenuto grottesco: “come è potuto succedere che il giudice Tutelare, che come rivela persino il suo nome, svolge il ruolo di tutela giurisdizionale dei diritti della persona, abbia potuto convalidare il provvedimento di TSO contro la Signora Cecilia A. R. ritenendolo ben motivato e conforme ai requisiti di correttezza disposti dalla legge? Al giudice tutelare che ha convalidato questo TSO vorremmo chiedere… cosa penserebbe di una brevissima sentenza costituita da una sola breve frase, redatta da un giudice del tribunale per condannare al carcere un imputato con la sola seguente motivazione… -Si condanna l’imputato perché, come dichiara il PM, egli si è impossessato dell’auto di proprietà della persona offesa, commettendo il reato di furto-? Per tutte queste ragioni, il provvedimento di TSO disposto contro la Signora A. R. è da considerarsi illegittimo per difetto di motivazione”.

I due decreti surreali del 12 dicembre 2019 e del 16 dicembre 2019 del Tribunale per i Minorenni
“Com’era prevedibile né il decreto del 12 dicembre 2019 (Dr. Alberto Viti, Presidente est., Dr.ssa Paola Ortolan, giudice, Dr.ssa Paola Dallanegra, giudice Onorario, Dr, Fabio Pedrazzini, giudice Onorario) e né quello del 16 dicembre 2019 (Dr.ssa Daniela Guarnieri, Presidente, Dr. Alberto Viti, giudice, Dr.ssa Paola Picozzi, giudice Onorario, Dr. Giuseppe granata, giudice Onorario) del Tribunale per i Minorenni dispongono alcunché in merito alle cure e ai colloqui con il CPS della Signora A.R.”!

Alla pagina 6 del decreto del 12 dicembre 2019 si legge:
“A questo punto il Tribunale, considerato il peggioramento della madre, il riferito allontanamento del padre dall’abitazione, il prossimo accertamento domiciliare da parte del CPS, il rifiuto della madre, sino ad ora manifestato, di farsi prendere in carico presso il servizio specialistico (CPS) oltre che avere contatti col Servizio Sociale…”!

Dispone: “che l’intervento domiciliare (ASO) presso l’abitazione della madre, già programmato da parte del personale del CPS, sia svolto con la presenza di uno o più operatori dei Servizi sociali di Milano, ente affidatario – Pronto Intervento, i quali si coordineranno col personale del CPS. Il personale dei Servizi Sociali, qualora lo reputino necessario, in base all’esito dell’ASO, provvederanno a un diverso collocamento del minore. Qualora risulti impossibile o non tutelante per il minore un collocamento endofamiliare, i servizi sociali provvederanno a collocate il minore, con la madre, in idonea comunità educativa. Nel caso in cui la madre risulti impossibilitata a tale collocamento, per le sue condizioni psichiche ovvero per un eventuale TSO disposto dal CPS, e in ogni caso sino a che la comunità idonea non sarà reperita, il minore sarà collocato da solo in idonea comunità familiare o struttura per soli infanti, sino a che non vi siano le condizioni per il collocamento di madre e minore in comunità”.

Dispone ancora: “che in ogni caso, al momento dell’intervento, il servizio sociale assicuri che il minore non venga lasciato solo con la madre dopo l’accesso alla sua abitazione da parte dei sanitari del CPS”.

A prima vista il quadro familiare che spinge il Tribunale a emettere questo decreto in difesa del bambino è piuttosto fosco:
– la madre ha subito un peggioramento;
– il padre si è allontanato dall’abitazione;
– la madre rifiuta di farsi rendere in carico dal CPS;
– la madre rifiuta di avere colloqui con il Servizio Sociale del Comune.

E, potremmo chiederci, il Tribunale da dove ha appreso queste ‘fatti’ sulla famiglia della Signora Cecilia?

È presto detto: alla pagina 5 del medesimo decreto si legge… -ora, con verbale telefonico del 12.12.2019, relativo a comunicazione fra il GO Sandri e la dr.ssa Codazzi del CPS avente in carico la A. Cecilia, si apprendeva che… il padre del minore si era allontanato dall’abitazione in quanto non sopportava più gli incrementi dei rituali ossessivi della sua compagna, effettuati anche di notte-.

“La nonna materna riferiva alla stessa Codazzi, di avere fatto visita al minore e alla propria figlia constatandone un peggioramento, con spunti deliranti. Riferiva in particolare che la figlia non poteva tollerare di vedere il colore rosso -perché riteneva di vedere il diavolo-. La Codazzi confermava che la A. continuava a rifiutare ogni contatto coi medici del CPS. Ma come, la D.sa Codazzi, la medesima proponente della surreale proposta di TSO, telefona al giudice Onorario Sandri del Tribunale per i Minorenni, nel medesimo giorno in cui il Tribunale è riunito in Camera di Consiglio per decidere sulla Signora Cecilia A.R., e si permette di raccontare una pseudo notizia, presentata come un fatto, riguardante il padre del bambino che avrebbe secondo lei abbandonato la famiglia, perché, ecco una seconda pseudo notizia presentata anch’essa come un fatto, la madre sarebbe dedita a strani riti notturni, e non si perita di citare alcuna fonte dalla quale le avrebbe apprese”!

Il secondo ‘fatto’ è ancora più surreale: “l’ineffabile D.sa Codazzi apprende dalla madre della Signora Cecilia, ovvero da una antagonista di quest’ultima nell’aspro conflitto che tempo la divide dai suoi genitori, che si è recata alla casa della Signora Cecilia dove ha -fatto visita al minore e alla propria figlia constatandone un peggioramento, con spunti deliranti-, fornendo pure un immediato e preciso ‘dato di fatto’ di tali spunti deliranti. Forse prima ci siamo sbagliati. Forse è la madre della Signora Cecilia e non il Tribunale per i Minorenni a rappresentare di fatto il vero il medico proponente del TSO, in base a questa diagnosi tratta dalla straordinaria visita psichiatrica domiciliare effettuata sulla figlia! Forse è per questo che l’ineffabile D.sa Codazzi si sia decisa a rinunciare al programmato Accertamento Sanitario Obbligatorio, reso superfluo da tale visita ‘psichiatrica’ domiciliare, per sottoscrivere in sua vece un TSO! E, bisogna riconoscerlo, questa vota l’ineffabile D.sa Codazzi ha ben rivelato al giudice Onorario la fonte della sua notizia. In merito a quanto riferisce la D.sa Codazzi, questa volta per sua diretta cognizione, circa il fatto che -che la A. continuava a rifiutare ogni contatto coi medici del CPS-, ebbene con quale coraggio potremmo mai dare torto alla Signora Cecilia A.R.”!

In merito, infine, al ‘fatto’ che la Signora Cecilia rifiuti di avere colloqui con il Servizio Sociale del Comune, sempre ala pagina 5 del Decreto si legge: “in seguito, il servizio sociale inviava una nota di aggiornamento, in 15.11.2019, con cui si comunicava che era stato impossibile effettuare incontri con i genitori, poichè entrambi, con successive email comunicavano di non essere intenzionati a presentarsi. Il Servizio sociale rifiutava la proposta di una registrazione audio del colloquio”.

Ecco che viene fuori in maniera esplicita la verità: “non sono i genitori che si rifiutano di effettuare gli incontri con il Servizio Sociale, è il Servizio Sociale che rifiuta la loro proposta di registrare l’audio dei colloqui. Una proposta che, a ben vedere, non ha nulla di particolarmente scandaloso. Il secondo decreto del 16 dicembre 2019 ripete integralmente quello di 4 giorni prima, aggiungendo la sola e poco comprensibile frase sull’avvalersi -se strettamente necessario, dell’ausilio della forza pubblica-“.

Dispone inoltre: “che l’intervento domiciliare (ASO) presso l’abitazione della madre, già programmato da parte del personale del CPS, sia svolto con la presenza di uno o più operatori dei Servizi sociali di Milano, ente affidatario – Pronto Intervento, i quali avvalendosi solo se strettamente necessario, dell’ausilio della forza pubblica, si coordineranno col personale del CPS. Un aggiunta poco comprensibile perché di norma gli ASO, per via di quella O di obbligatorio, di norma vengono sempre attuati con l’ausilio della forza pubblica. In conclusione non si può che rimanere enormemente sorpresi nel constatare che il Tribunale per i Minorenni di Milano si arroghi il potere di disporre azioni particolarmente dolorose per la Signora Cecilia, per suo marito e per il loro figlio, che sono state messe in moto sulla base di tanto risibili prove fornite da un ‘verbale telefonico’ di una telefonata della D.sa Codazzi del CPS dell’ASST Niguarda”!

“Le azioni coercitive improvvisamente piombate contemporaneamente tutte insieme addosso alla Signora Cecilia A. R. le hanno creato una situazione di grande sofferenza”.

La mattina del 19 dicembre scorso la Signora Cecilia A. R.:
– è stata privata della sua libertà di movimento rinchiudendola del reparto di Psichiatria 1 dell’ospedale Niguarda in regime di TSO;
– è stata privata della sua libertà di rifiutare terapie psicofarmacologiche non volute che hanno attenuato le sue capacità;
– è stata costretta subire somministrazione di farmaci che sono esplicitamente vietati alle donne che allattano figli;
– ha dovuto subire l’allontanamento forzato del piccolo figlio di 13 mesi e la sua consegna non già a suo marito e padre del piccolo, ma ai suoi genitori con i quali è da tempo in conflitto;
– ha saputo che se avesse accettato il ricovero in psichiatria, entro due settimane sarebbe stata trasferita in una comunità madre-bambino, dove avrebbe potuto riabbracciare il suo piccolo, (e perché mai, verrebbe da chiedersi, dovrebbe aspettare questa evenienza rinchiusa contro la sua volontà nel reparto di Psichiatria 1 del Niguarda durante tutte le feste di fine anno, invece che starsene a casa sua col marito; e poi la Signora Cecilia ha qualche informazione di quanto potrebbe essere orribile la vita con il suo bambino rinchiusa in ‘osservazione’ in una casa madre bambino, mentre assume psicofarmaci ed è spiata continuamente da educatrici qualche volta ostili e poco propense a fornire giudizi positivi sulle sue doti materne?);
– non ha mai ricevuto copia dei due decreti del Tribunale dei Minori emessi il 12 dicembre 2019 e il 16 dicembre 2019, e quindi non li ha mai letti, con grave nocumento al suo diritto di difendersi dalle accuse che le vengono mosse; e fino a oggi fa tali decreti non li aveva letti nemmeno suo marito e padre del piccolo;
– ha subito il TSO il 19 dicembre, appena sotto le feste di Natale… dentro il primo periodo di sette giorni di ricovero non volontario sono compresi Natale e S. Stefano, con la prospettiva, nell’ipotesi di ricovero prospettatale, di rimanere rinchiusa anche a capodanno;
– potrebbe, infine, avere in prospettiva un lungo e triste ’soggiorno’ in una comunità madre bambino, lontana da suo marito, un soggiorno che potrebbe anche concludersi con un decreto del Tribunale per i Minori che dispone l’allontanamento definitivo del suo amato figlio.

“Noi non sappiamo se coloro che hanno messo in moto un tale micidiale e contemporaneo insieme di azioni coercitive nei confronti della Signora Cecilia A. R. relative a due diversi procedimenti siano consapevoli che anche soltanto una di queste azioni sarebbe sufficiente da sola a provocare una profonda sofferenza della Signora Cecilia A. R.! A noi pare che l’insieme contemporaneo di tali azioni coercitive lanciate contro la Signora Cecilia A. R., in luogo di uno pseudo trattamento terapeutico che si assomma a uno pseudo trattamento di giustizia, rappresenti, piuttosto, una forma di punizione, una forma di punizione particolarmente dura e difficile da sopportare, per lei e per la sua famiglia”.

“Chiediamo al primario di Psichiatria 1 dell’ASST Niguarda, Dott. Alberto Zanobio, di non prolungare ulteriormente tale situazione di sofferenza, poco giustificata, per la Signora Cecilia A. R. e la sua famiglia. Chiediamo, pertanto, che nella giornata di S. Stefano e 7° giorno di TSO, non venga presentata la proroga del Trattamento Sanitario Obbligatorio contro di lei. Chiediamo che la Signora Cecilia A. R. possa ritornare a casa da suo marito, in modo da poter incontrare i tantissimi amici che le hanno espresso la loro vicinanza. Chiediamo che la Signora Cecilia A. R., assieme a suo marito, possa liberamente esercitare da casa sua il suo sacrosanto diritto alla difesa di una mamma alla quale potrebbero anche togliere il figlio, che possa conoscere, per controbatterle e difendersi, le accuse che vengono mosse contro di lei e contro suo marito”.

“Tanti auguri, Cecilia, auguri a te a e al tuo piccolo… Milano, giorno di Natale 1919”.

ALLEGATO N. 1 – IL TSO PREVISTO DAGLI ARTT. 33, 34 E 35 DELLA LEGGE 833/78
La legge 833/78, in merito alle condizioni necessarie per poter attivare un TSO ‘per malattia mentale in condizioni di degenza ospedaliera’, ai commi 3 e 5 dell’art. 3 e al comma 4 dell’art. 34, e ai commi 1 e 2 dell’art. 35 recita:
Art. 33.3. Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco nella sua qualità di autorità sanitaria, su proposta motivata di un medico.

Art. 33.5. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato.

Art. 34.4. Il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo:
– se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici,
– se gli stessi non vengano accettati dall’infermo
– e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere.
Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell’articolo 33 da parte di un medico della unità sanitaria locale e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel presente comma.

Art. 35.1. Il provvedimento con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, da emanarsi entro 48 ore dalla convalida di cui all’articolo 34, quarto comma, corredato dalla proposta medica motivata di cui all’articolo 33, terzo comma, e dalla suddetta convalida deve essere notificato, entro 48 ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune.

Art. 35.2. Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore,
assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida il sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera.

ALLEGATO N. 2 – SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE PRIMA CIVILE DEL 27 MARZO 1998
In merito ai contenuti della motivazione del provvedimento di TSO, particolarmente interessante è stata la sentenza della Corte Suprema di Cassazione, sezione prima civile, del 27 marzo 1998, sul ricorso proposto da: R. G. contro il Comune di Floridia. Innanzitutto in questa sentenza viene citata la Corte costituzionale quando ha sottolineato la grande rilevanza giuridica del provvedimento di TSO, che obbliga a porre grande attenzione alla chiarezza e alla congruità della sua motivazione:
“La Corte costituzionale ha affermato che -il provvedimento di ricovero coattivo di un soggetto sospettato di malattie mentali si inquadra tra quelli restrittivi della libertà personale- (n. 74/1968). Successivamente si entra nel merito di quali debbano essere i necessari contenuti di una ‘chiara e congrua motivazione’ sia della proposta di TSO che della convalida della proposta:

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, denunziandosi violazione di legge, si deduce che sono nulli il provvedimento del Tribunale, del Sindaco e del giudice tutelare perché il provvedimento disponente il trattamento sanitario obbligatorio costituisce provvedimento restrittivo della libertà personale eccezionalmente demandato ad autorità diversa da quella giudiziaria dalla legge 833/1978 e pertanto necessita di chiara e congrua motivazione, nella specie mancante perché gli indicati provvedimenti sono tutti motivati “per relationem al contenuto delle attestazioni sanitarie e queste sono a loro volta immotivate in quanto: la proposta non è basata su alcuna anamnesi, … e non indica la impossibilità di alternative al trattamento obbligatorio; la convalida della proposta non è basata su alcuna anamnesi concreta e pertanto costituisce esplicitazione di riferimento ad uno stereotipo e non al soggetto concreto da valutare.

Il quale (art. 34) – al contrario del precedente art. 33, che per i trattamenti sanitari -in generale- prevede soltanto che la relativa proposta sia motivata – per i trattamenti sanitari -Per malattia mentale- prevede che il provvedimento che li dispone sia motivato specificatamente in ordine alle seguenti condizioni: 1) che esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici; 2) che questi non vengano accettati dall’infermo (condizioni soggettive); 3) che non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive e idonee misure sanitarie extraospedaliere (condizione oggettiva)-.

E, come si è già indicato, la motivazione deve essere specifica non solo nel senso che debba essere correlata a tutti quegli elementi peculiari richiesti nella norma, ma anche nel senso che tale correlazione debba essere concreta, e cioè che debba esplicitare che le condizioni richieste sussistano positivamente.

ALLEGATO N. 3 CONFERENZA REGIONI E PROVINCE AUTONOME DEL 29 APRILE 2009 -SALUTE MENTALE: RACCOMANDAZIONI SU TRATTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI-
Sempre in merito ai contenuti delle motivazioni dei due atti medici di un TSO (proposta e convalida), nel documento approvato nella Conferenza Regioni e Province Autonome del 29 aprile 2009 -Salute mentale… raccomandazioni su trattamenti sanitari obbligatori-, si legge: “Non è forse superfluo precisare che quando la legge prescrive che la proposta e la convalida mediche siano motivate intende che accanto agli elementi che permettono l’identificazione certa della persona oggetto dell’intervento e gli elementi di identificazione degli estensori della proposta e della convalida (il giudice tutelare cui è demandato il compito di convalidare o non convalidare l’ordinanza del sindaco, deve poterli consultare, se necessario, per ulteriori chiarimenti e informazioni), siano riassunte le informazioni che rendono comprensibile la situazione, raccolte e descritte le emergenze riscontrate di persona che hanno portato i medici alla convinzione che fosse necessario un TSO. La motivazione quindi non può limitarsi alla diagnosi e alla valutazione della gravità del caso, ma deve riportare gli elementi raccolti a prova della sussistenza delle condizioni dalla legge per il TSO”.

E, successivamente, nello stesso documento in merito alle caratteristiche della convalida si aggiunge: “Per il TSO in degenza ospedaliera è previsto il massimo di garanzia: alla proposta iniziale, motivata, del medico, si deve aggiungere la convalida fatta da un medico appartenente alla unità sanitaria locale, che effettua una seconda valutazione”