La triste avventura, dei cani del “Rifugio Don Blasco” a Messina

DI ANNA STANCO

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La triste avventura, dei cani del “Rifugio Don Blasco” a Messina – Parte I – di Anna Stanco

Già da un paio di anni si discute dei lavori di riqualificazione della via Don Blasco e, contemporaneamente, sorge l’idea, di affidare con un bando al ribasso i cani ospitati nei locali dell’ex macello al migliore offerente, anche fuori regione.

Ma come mai questi cani si ritrovano ad occupare abusivamente tale struttura? Alcuni randagi, una ventina circa e una sessantina di gatti, erano accuditi da volontari nella “zona falcata”. A seguito delle demolizioni effettuate in loco, per tamponare l’emergenza, l’amministrazione Genovese (2005-2007) rilasciò una temporanea autorizzazione, affinché gli animali in questione trovassero ricovero presso i locali dell’ex macello, palesando comunque l’intenzione di trovare da lì a breve una soluzione più idonea. Inizialmente dovevano essere ospitati nel suo interno solo i cani della zona falcata per un breve intervallo di tempo, ma data l’emergenza randagismo, continuarono ad aumentare di numero e, non trovarono altra collocazione, dato che nessun canile a norma o altra soluzione è stata finora trovata.

Di tempo ne è passato, le varie amministrazioni si sono susseguite e il problema dei cani all’interno di questo rifugio è rimasto immutato, se non peggiorato. Nel dicembre del 2013 a seguito di un’ispezione da parte dei vigili urbani e dai medici veterinari dell’Asp, il rifugio risultò non a norma e Accorinti (2013-2018), invitato dall’Azienda Sanitaria Provinciale a prendere provvedimenti, emise un’ordinanza che decretava la chiusura rifugio. L’assessore Ialacqua istituì subito un tavolo tecnico, convocando anche i rappresentati delle associazioni che curano gli animali del territorio, per trovare una soluzione: egli contava di mettere a disposizione piccole aree di terreno di proprietà comunali dove costruire tanti piccoli rifugi in cui ospitare sei animali in ognuno e, si impegnava, a non dar corso all’ordinanza se prima non si fosse trovata un’adeguata sistemazione per i cani di via Don Blasco.

Nel 2018 le associazioni animaliste della città, lanciano un appello alle istituzioni locali: quello di portare avanti interventi “indifferibili e urgenti, e indispensabili” cioè, la creazione di rifugi municipali, la sterilizzazione di massa dei randagi e i controlli per l’effettiva microchippatura degli animali d’affezione. Tali interventi che richiedono la collaborazione tra le istituzioni e il volontariato, oltre a essere dettate da normative a livello europeo, porrebbero un freno alla crescita esponenziale del fenomeno del randagismo. Intanto il tempo passa e cambia nuovamente il sindaco della città, De Luca, insediatosi nel giugno 2018.

Il suo assessore i Minutoli indica come animali da soccorrere e sottrarre al randagismo, solo quelli che hanno necessità imminenti di soccorso e cure, o quelli che rappresentano un pericolo per l’incolumità della popolazione; gli altri animali possono, secondo lui, essere tranquillamente lasciati sul territorio senza costringere l’intera comunità cittadina a farsi carico di pesanti oneri fiscali: un cane costa al comune €3 e 50 centesimi al giorno, per esempio il canile Millemusi, ne ospita circa 340 . Il Comune non può sostenere tali costi per cui il servizio comunale va contattato esclusivamente, per soccorrere e catturare gli animali che necessitano davvero di essere allontanati dal territorio, quindi i cittadini che vorranno segnalare un cane o un gatto randagio investito o in cattivo stato di salute o, che rappresenti un pericolo per l’incolumità della popolazione, potranno contattare il l’ufficio randagismo in orari d’ufficio, che girerà la richiesta alla società di accalappiamento con cui è convenzionato e, una volta recuperato l’animale, lo condurrà alla clinica, anch’essa che valuterà prima la gravità del caso e, prestate le cure necessarie, penserà alla sua successiva ricollocazione nel territorio.

Ma non c’è dato sapere, se queste ditte sono anche autorizzate a sterilizzare gli animali e a microcipparli prima di rilasciarli nuovamente sul territorio; questo è tutto da appurare. Gli animali invece, del rifugio Don Blasco gravano integralmente sulle spalle dei volontari i quali possono appoggiarsi all’Asp esclusivamente per la sterilizzazione, nonostante quanto previsto dalla normativa vigente. Le spese sanitarie, di alimentazione, di detenzione degli animali nei rifugi, dovrebbero essere a carico del Comune, il quale, non si occupa neanche di creare o di rimettere a norma una struttura a loro dedicata. Presso l’Asp locale è possibile effettuare la sterilizzazione degli animali due volte a settimana, quando non mancano il filo da sutura, le garze o altri materiali necessari per tali operazioni. Inoltre l’alimentazione le spese sanitarie per la gestione di questi animali non vengono minimamente sostenute dall’Amministrazione, che ne è per legge, la proprietaria.

I volontari mantengono il loro lavoro attraverso campagne di raccolta fondi e vendita di gadget proprio per sostenere le spese veterinarie, di alimentazione e terapie antiparassitarie e non, per tutti gli animali ospiti delle strutture in cui operano. Loro gestiscono gli animali dal recupero alle cure, fino alle adozioni. Organizzano staffette e cercano famiglie per le adozioni, senza nessun sostegno dalle istituzioni e, oltre al proprio tempo, dedicano anche le proprie risorse economiche per fronteggiare tutte le spese . Molti di loro sono fortemente indebitati con i veterinari. Tali spese dovrebbero essere a carico del Comune, se si decidesse di stabilire delle convenzioni con istituti veterinari e con l’Asp per la fornitura di farmaci per gli ospiti. Ma questo si potrebbe fare nel momento in cui l’Amministrazione prendesse a cuore e rispettasse le leggi che regolano questo settore. In primis, dovrebbe individuare una struttura a norma in cui accogliere i cani e i gatti del territorio, per offrire loro una sistemazione più sicura e dignitosa.

Intanto arriviamo a dicembre 2019. Nuova ordinanza di chiusura del rifugio Don Blasco. I volontari incontrano, protestano e chiedono confronto con Minutoli, assessore alla Protezione Civile. Siamo quasi a Natale quando il Comune programma un bando al ribasso per trasferire i cani in qualsiasi canile, anche fuori regione. I volontari si ribellano affiancati da alcune forze politiche. Nel giugno del 2018 la procura Antimafia di Reggio Calabria arresta il titolare del canile Il parco di Taurianova e l’impresa Happy Dog ritenuti vicini al clan “Viola- Zagari Fazzari ,e del proprietario di un rifugio del crotonese, così come dei responsabili Asp e dei sedicenti animalisti che li hanno coperti e agevolati. Solo i rifugi della ‘ndrangheta dovevano aggiudicarsi i sostanziosi appalti per il mantenimento l’assistenza degli animali. A farne le spese, il titolare di un canile della locride, fin dal 2014 oggetto di minacce, vessazioni, danneggiamenti ed estorsioni perché “colpevole” di aver vinto una gara da €284000 per l’affidamento degli animali abbandonati da guida. Happy Dog era stata estromessa perché colpita da interdittiva antimafia.

Il 30 dicembre 2019 la città di Messina non perde tempo e lancia una una petizione on-line propone di trovare un terreno e costruirci il nuovo canile a disposizione dei volontari: con i fondi destinati a loro alla loro assegnazione in un altro comune, si potrebbe costruire una nuova struttura dove i volontari potrebbero continuare a offrire la propria opera gratuitamente a sostegno dei randagi manifestando la grande civiltà di cui la città di Messina è dotata nonostante al momento sia un po’ offuscata. Tempestivamente arriva la risposta del sindaco De Luca il quale con un post su Facebook scrive: “I nostri cani rimarranno a Messina”.

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